Partire è un po’ scoprire

Ultimamente sono uscite varie info sull’importanza che svolge nell’ambito del turismo, per meglio dire di scelta turistica, l’enogastronomia.

Scoprire non solo le bellezze artistiche, paesaggistiche, ma l’essenza del popolo che vive nel paese che si è scelto di visitare e conoscerne le abitudini di tutti i giorni e specialmente la cucina, il suo modo di mangiare, si traduce in una crescita di voglia di visitare bellissimi mercati, fruire dei cibi di strada, di ristoranti o locali tipici.

Partire abbiamo detto è un po’ scoprire anche cibi, ristoranti e mercati locali. Perché sempre più il turismo ha preso una svolta “foodie”? Non parliamo solo di paesi esotici che propongono tipologie interessanti, pensiamo già al nostro paese che in quanto a possibilità non solo artistiche e paesaggistiche, ne ha a iosa. Che dire quindi della moda ormai diffusa da noi degli street food, che abbiamo conosciuto specie nei paesi asiatici?

Proprio come aumentano in città le realtà interessanti che offrono piatti e bevande particolari, vedi ristoranti biologici, vegan, etnici, tradizionali, birre artigianali, vini bio, quindi anche quando partiamo ci lasciamo incuriosire da leccornie locali, e scegliamo la meta di vacanza in base a quello che prevediamo ci offrirà dal punto di vista enogastronomico. Il cibo è vissuto, a livello internazionale, come cultura ed esperienza da condividere per entrare in contatto con un luogo, in un modo più desiderabile e immediato di attività tradizionali, per esempio legate al patrimonio artistico e storico.

Secondo i dati rivelati dallo studio internazionale sul Turismo enogastronomico, ricerca internazionale Food Travel Monitor 2016 di WTFA (World Food Travel Association, organizzazione non-profit non governativa che ha come missione creare opportunità di sviluppo economico per le industrie food, beverage, travel, hospitality, worldfoodtravel.org) che ha chiesto a Roberta Garibaldi, Italian Ambassador per la WTFA e direttore scientifico di Lombardia Orientale Regione Europea della Gastronomia 2017 (robertagaribaldi.it), vi segnaliamo alcuni approfondimenti.

Il turismo enogastronomico piace. Anzi, piace sempre di più. Un italiano su tre ha svolto almeno un viaggio motivato dall’enogastronomia negli ultimi tre anni. Già si era toccato il 21%, come rilevato dal Food Travel Monitor 2016. Ma ora i turisti enogastronomici salgono al 30%. Un dato che dichiara il nuovo ruolo dell’enogastronomia, che da elemento ‘accessorio’ si è trasformata in una componente in grado di influenzare le scelte di viaggio.

Il boom continua: +10% nell’ultimo anno.

Toscana, Sicilia e Puglia le mete scelte dagli italiani sempre più in cerca di qualità e sostenibilità. Dopo il cibo locale, i mercati e i food truck al top delle preferenze, lo segnala quindi questa ricerca che traccia un quadro sul settore e delinea le tendenze di un segmento in forte crescita in tutto il mondo. Le esperienze Food più popolari, dopo il mangiare piatti tipici del luogo in un ristorante locale (indicata dal 73% dei turisti), sono visitare un mercato con prodotti del territorio (70%) e comprare cibo da un food truck (59%). Forte è pure l’interesse verso il Beverage, non solo vino, ma anche birra locale.

Nonostante l’interesse sia molto alto, il mercato mostra ancora ulteriori margini di crescita. Esiste un gap fra le esperienze desiderate ed effettivamente fruite, molto ampio nel caso di proposte quali andare alla scoperta di cibo con un esperto enogastronomico (40%) e partecipare ad un viaggio enogastronomico di più giorni organizzato da un’Agenzia di Viaggio o da un Tour Operator (36%). Sintetizzando per vedere quale è il profilo di questo turista ecco cosa dice questa ricerca: “è un turista acculturato, con maggiore capacità e propensione alla spesa, che cerca nell’enogastronomia un’opportunità di conoscenza e contatto con la cultura di un territorio. Organizza il suo viaggio affidandosi al web, sia per raccogliere informazioni sia per prenotare le singole componenti del viaggio. Ma ha una propensione maggiore rispetto al turista generico alla prenotazione attraverso intermediari. Si sente più coinvolto, vuole sperimentare l’enogastronomia a 360°, affiancando spesso altre proposte attive. Preferisce percorsi misti, non monotematici: il turista del vino cerca anche ottime esperienze gastronomiche”. E da noi i numeri ci sono: infatti il Bel Paese precisa: 821 Indicazioni Geografiche Food & Wine, 586 ristoranti di eccellenza, 11.329 agriristori, 18.632 agriturismo con alloggio, 169 Strade del Vino e dei Sapori, 12.446 agriturismo che offrono proposte turistiche quali maneggio, escursioni guidate a piedi o in mountain bike, fattorie didattiche.

Ma come viene evidenziato l’offerta italiana appare oggi a macchia di leopardo e forse si potrebbero coinvolgere oltre alle cantine che da molto operano con aperture al turismo, altre realtà ad aprirsi di più al turismo, come i caseifici, le cioccolaterie, i pastifici…

Ed ecco anche un comparto che può far crescere i posti di lavoro, perché è la risorsa umana che rimane comunque l’elemento centrale e richiederà nuove competenze trasversali e adeguata formazione, ad esempio gli hospitality manager per le aziende food and wine.

Poi re-inventare l’enogastronomia locale: stimolare l’innovazione in ambito enogastronomico, ma al contempo salvaguardare l’autenticità di questo patrimonio sarà una delle sfide del futuro per le destinazioni turistiche che vogliono puntare su questo elemento per differenziarsi e trovare un vantaggio competitivo sul mercato.

Turisti senior e Millennials, Paesi emergenti saranno i principali target di mercato a cui rivolgersi nei prossimi anni. Ciascuno di essi appare interessato alle proposte enogastronomiche nel corso del viaggio. Fondamentale sarà creare offerte targettizzate. “

 

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