Cercando una caramella… scopriamo l’Alchimia?

Era un passaggio frequente con fermata per acquistare le Galatine, quelle caramelle di latte in polvere pressato, qualche negozio più avanti, una strada consueta che dalla primavera di quest’anno ospita un nuovo locale, meglio quasi due: L’Alchimia Ristorante & Lounge Bar, entrambi di uno charme interessante. Qualche botte aggiunta all’esterno fanno pensare a un interesse al buon vino, infatti prima di aprile in quel luogo, da tanti anni viveva l’Enoteca Gaboardi Pogliani e quindi, prima di entrare nel simpatico e tranquillo salotto del ristorante, sarebbe bene scendere qualche gradino della bella scala curva che porta ad una interessante cantina con 600 etichette.

Due anime quindi, quella di chi desidera un drink ed un aperitivo o un pranzo corto, ma solo perché desidera porsi di fronte al bar, non che il piatto proposto nel menu comporti da parte della cucina una velocizzazione del contenuto, no perché Davide Puleio, lui è lo chef romano che con la sua brigata prepara ogni piatto con cura e con passione, le cose le vuole precise. Precisione si, ma anche ricordi che porta nel cuore di tanto vissuto, pur essendo così giovane, sia all’estero che nella sua Roma. Al bar non si può mancare l’appassionato mixology bartender Valerio Trentani, anche lui con un passato al Mandarin Oriental, come Alberto Tasinato, che da poco è stato premiato quale miglior maître dalla Guida di Identità Golose. Valerio ora ha la responsabilità di gestire il servizio sia del bar sia del ristorante.

Servizio accurato partendo dalla giovane Roberta, chef de rang, che coinvolge praticamente anche Alberto che, in qualità di maître patron, è il primo a prendere il polso del cliente e proporre i piatti giusti con gli abbinamenti di vino. È specialmente una bella alchimia con la cucina, questo è l’importante.

Allora che propone questo locale tranquillo dagli interni non pretenziosi, ma dagli spunti accorti, come la preparazione della tavola, senza tovaglia, purtroppo ormai non sembra essere di moda, con un pane e dei grissini fatti in casa e del burro salato? Che sapessero che lo amo molto o… no? lo vedo anche sul tavolo del commensale che sta vicino assieme ad una gran foglia, meglio un crostolo di polenta gigante, ma leggerissimo.

Sul tavolo arriva un piatto dal colore sfumato, mousse di funghi con caramello salato e pioppini, mi pare giusto, non invasivo anzi intrigante quando affondi il cucchiaio e peschi il dolce salato del caramello. Che vino abbinare? Vedo che hanno il TrentoDoc, un Altemasi per tutto il menu sarà appropriato? Vedremo.

I tacchetti di Roberta arrivano, toglie con grazia il piatto e annuncia un nome che conosco, un mast di Davide: “straccetti di peperone”. E se un momento dell’anno i peperoni non si troveranno come farà il nostro chef?

Li cercherà perché per ora dice: «questo è il piatto che rappresenta maggiormente la mia idea di cucina e la mia formazione, un piatto in apparenza semplice, ma in profondo complesso e fatto di sensibilità, che secondo me il più delle volte viene a mancare. È ovvio che ora nel menù ci siano piatti dei quali sono molto soddisfatto, ma ripeto sto ancora cercando di capirmi nel profondo per esprimermi con trasparenza, ma ci sarà tempo, sono giovane

Beh sembra di avere tra la lingua e i denti una fetta sottile di carne, il peperone è rosso mentre è solo una verdura che, poggiata su una crema di rucola crea una combinata, con l’abbondante grattata di parmigiano Reggiano 30 mesi… si, stupisce, ecco l’alchimia!

Da single al ristorante potrebbe essere triste, ma qui l’atmosfera tranquilla, ma non abbandonata, i divani comodi, ti fanno applicare maggiormente al piatto, al suo profumo, gusto, colore e abbracciare tutto il suo sapore! Già in arrivo un altro ticchettio, Roberta presenta una forma di ciotola con i bordi tagliati a curve, in cui una pennellata verde sembra voler trattenere il contenuto nascosto. Da una crosticina bianca escono delle foglie di cavolo riccio, la curiosità fa prendere il cucchiaio per vedere cosa è nascosto sotto, è… un uovo poché! Spezzarlo è istintivo, ma la cottura è perfetta, come si desidera che sia, e quindi rimane in due pezzi, così gustando il guanciale con il cavolo riccio croccante alla piastra, poi puoi deliziarti con l’uovo morbido e caldo… piacevolissimo piatto e ricco al contempo.

Un raviolo del plin con ripieno di faraona, i manufatti escono come piccoli fiori da una spuma di patate, ammiccanti, qualche pezzetto di anguilla apporta un tocco salato alla spuma. Un altro piatto non scontato, bene la sequenza è interessante e la calma che regna, pur essendoci altri commensali, fa notare che si sta proprio bene.

Ecco il piatto forte, forte nel senso che è un figlio di Davide, il risotto Roma Milano, un risotto che non poteva che coinvolgere queste due città, la prima natale dello chef, la seconda che lo ospita. Un risotto allo zafferano con, al centro, la coda alla vaccinara con polvere di cacao amaro. Interessante è l’abbinamento proposto da Alberto che arriva al tavolo porgendo un bicchiere dal colore ambrato scuro. Vermuth Contratto, quello di Canelli, Bitter al cacao, sciroppo allo zafferano, il tutto per accompagnare il gusto del piatto e pulire la bocca, così le papille gustative sono pronte al seguente arrivo in tavola. Questa è attenzione al cliente!

Un taglio di faraona e una terrine di coscette di faraona disossate con piccoli pinoli e uvetta, questa seconda parte ricorda un passato tra Parigi e Marrakech, bah forse non hanno nulla in comune, ma alla bocca non si possono negare i ricordi.

La proposta del dessert risponde alla richiesta fatta di un dolce non dolce e la cucina arriva con un crumble di mandarino, crema di nocciole e pezzetti di castagna. Non dolce, ci starebbe un bel brandy? Ma è presto e poi si deve lavorare.

Un vino da assaggiare il “vino della casa”, un’etichetta speciale – Alchimè – creato da Giacolino Gillardi, enologo di una grande azienda come Ceretto. Nella bottiglia un blend di Nebbiolo, Merlot e Cabernet per chi ama i piemontesi che osano un po’, ma sarà per un’altra puntata.

Una bella ora e mezza in cui il palato si è deliziato con la connivenza di uno staff che, pur essendo assieme da poco, rende un tutt’uno il lavoro di sala e quello di cucina, in una sequenza di dolce premura, ma per nulla affettata.

Beh, a parte le Galatine, una puntatina ad assaggiare i cocktail di Valerio, bel bartender, o fermarsi a unirci un boccone nell’area del Bar&Lounge, ne vale la pena, l’accoglienza è veramente attenta.

L’Alchimia Ristorante&Lounge Bar, con 85 coperti, 260 metri quadrati e una cantina al piano interrato con volte a botte e mattoni a vista, che vale la pena visitare per le centinaia di etichette presenti, lo trovate in Viale Premuda 34, a Milano.


 

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